Aumenta la domanda di mutui con cap

Aumenta la domanda di mutui a tasso variabile con cap. Prodotti che difendono dall'aumento delle rate oltre una certa soglia di tassi.

Non è detto, però, che questa tendenza di mercato stia centrando la soluzione più conveniente. Per gli esperti, infatti, dal punto di vista finanziario questa tipologia di mutuo, con le condizioni attuali, rischia di risultare troppo cara.

«Risponde a una necessità emotiva dei richiedenti, ma nasconde una bassa convenienza – spiega Stefano Rossini. Innanzitutto perché la soglia del cap sta aumentando.
 
Ormai la media si è dislocata dal 5,2 al 5,7 per cento. Ciò significa che, immaginando uno spread dell'1,7% dovremmo attenderci un rialzo degli Euribor (i parametri a cui è legata la maggior parte dei mutui variabili, ndr) al 4%, di circa 275 punti base rispetto ai livelli attuali».
Il tema non è se l'Euribor possa o meno raggiungere tali livelli, dato che statisticamente tende a variare tra l'1 e il 5%, ma bensì per quanto tempo possa restarvi.
Perché il periodo in cui la protezione verrebbe esercitata rischia di essere esiguo, tale da non ammortizzare i 50 punti base in più di spread che un variabile con cap costa oggi in media in più di un variabile puro.
 
«Inoltre – conclude – valutando che la quota di interessi sui mutui incide molto di più nei primi anni, l'esercizio del cap può avere un influenza considerevole sulla rata solo sui primi 10-15 anni di un mutuo medio a 25 anni perché poi la rata sarà indifferente all'andamento dei tassi e quindi il costo della protezione risulterebbe pressoché reso vano».

Anche per Roberto Anedda, i mutui a tasso variabile con cap, sebbene rappresentino il 21% del mercato, sono poco convenienti in una logica di lungo periodo.

«Gli istituti hanno via via aumentato le soglie del cap. Oggi ci sono solo due banche che effettuano, ma ancora per pochi mesi, cap inferiori al 5,5%.
Mentre in molti casi si sta superando la soglia del 6%.
Tali formule sono in aumento rispetto al 2010, dal 17% al 21%, ma stiamo assistendo a un piccolo ridimensionamento negli ultimi due mesi dopo il picco del 27% a febbraio. Riposizionamento che sta favorendo i mutui a tasso variabile, saliti al 39% e quelli a tasso fisso, che rappresentano il 35% del mercato».

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