I principali motivi che potrebbero spingere la Bce ad aumentare i tassi sono tre.
Il primo è sicuramente riconducibile ai tassi di interesse, ormai fermi da parecchio tempo ai minimi storici.
Attualmente il tasso applicato dalla BCE è pari allo 0,50% e considerando che i tassi non possono essere negativi, è lecito attendersi un possibile rimbalzo.
Il secondo indizio arriva dal mercato obbligazionario, che conferma rendimenti in crescita e tassi in rialzo.
In ultima analisi se consultiamo i tassi future, indici che prevedono l’andamento futuro dei tassi, possiamo riscontrare una crescita dell’euribor a 3 mesi fino all’1% entro il 2014 (dall’attuale 0,20%) per arrivare fino al 2% del 2017.
Elaborati questi dati, quale può essere il mutuo più giusto da scegliere?
Se dovessimo optare per il tasso variabile durata 25 anni, le migliori offerte si attestano intorno al 3% di Tan mentre, per il tasso fisso arriva intorno al 5%. In termini di rata la differenza tra un prodotto indicizzato e uno a tasso fisso è di ca. il 15% a favore del variabile.
Ritornando alle previsioni dei future, se queste dovessero essere rispettate, il tasso fisso risulterebbe essere una scelta poco conveniente almeno per la parte iniziale del mutuo e difficilmente si potrà ammortizzare un gap iniziale di ca. € 150.
Per non fare scelte azzardate, potrebbe essere utile proteggersi con prodotti a tasso variabile ma che permettono di opzionare il tasso fisso in corso d’opera, in modo da tutelarsi in caso di aumento dei tassi. Altri prodotti “sicuri” sono i tassi variabili con cap (il tasso non può superare un tetto prestabilito).
Per questa tipologia di mutuo, il mercato non offre prodotti particolarmente vantaggiosi e la banca più competitiva offre un Cap al 6% ben 300 punti base in più del tasso di partenza.
In alternativa si possono valutare i mutui a tasso misto; prodotti che consentono al mutuatario di cambiare il tasso (da variabile a fisso e viceversa) a seconda dell’andamento del mercato. E’ necessario però prestare attenzione a qualche “piccola controindicazione”; il tasso leggermente più caro del variabile di circa mezzo punto percentuale e la scarsa flessibilità, perché i cambi di tasso si possono esercitare a scadenze prefissate e non in qualsiasi momento (quindi non necessariamente nel momento più opportuno).