Ieri pomeriggio Mario Draghi ha riunito a Cipro i governatori delle banche nazionali per confermare ufficialmente il piano definitivo del Quantitative Easing: 1081 miliardi di euro per 18 mesi fino a Settembre 2016. E se non bastasse potrebbe essere prolungato.
Insomma un media di 60 miliardi al mese proporzionati all’impegno dei singoli Stati nella Bce.
In ordine Germania, Francia, Italia e Spagna garantiranno il 76% delle operazioni: si acquisterà da banche e da agenzie nazionali e sovranazionali principalmente titoli di stato e in parte titoli cartolarizzati.
Le scadenze sono comprese tra 2 e 30 anni con rating “investment grade”. I limiti sono il 25 % di una emissione e il 33 % del debito totale di un’emittente.
Il D-day del QE sarà lunedì 9 Marzo: il bazooka di Draghi mostrerà i suoi effetti nell’arco di 90 giorni con l’obiettivo di portare l’inflazione al 2 % entro il 2017, fermando la deflazione cioè il calo dei prezzi al consumo. Ulteriore obiettivo è quello di aumentare il bilancio UE fino a 1000 miliardi di Euro.
L’acquisto di debito sovrano verrà comunque garantito per l’80% dalle banche centrali nazionali.
Per l’Europa è prevista una crescita dell’1,5 % nel 2015, del 1,9 % nel 2016 e 2,1 % nel 2017. L’immissione di denaro, insieme al calo dell’Euro e del prezzo del petrolio rilanceranno l’economia.
L’Eurozona aveva fatto registrare segnali positivi già dopo l’annuncio programmatico di Gennaio. Adesso ci si aspetta ulteriori sviluppi e miglioramenti della situazione economica: spinta alle esportazioni, maggiore liquidità alle banche per prestiti e mutui, crescita del Pil europeo.
Draghi pensa positivo: ieri ha parlato per la prima volta di fine della crisi e di segnali di ripresa certi entro il primo semestre 2015. Lo spread sotto i 100 e i segnali di ripresa, per ora, danno ragione al governatore della Bce.
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